lunedì 14 aprile 2008

Un coccodrillo, e qualche link sulla foto indipendente

Ogni tanto capita, un fotografo Magnum muore. Stavolta è successo a Burt Glinn, un fotoreporter di quelli di una volta: Burt Glinn. Lui è stato il primo a fotografare l'ingresso trionfale dei barbudos di Fidel Castro nell'Havana liberata dal dittatore Batista. Leggendo il link si trova questa citazione di Glinn:

"At seven in the morning I was in Havana at the airport figuring out how to find where this thing was going on," Glinn said in an interview with Magnum Photo on the agency's Web site. "You can't just get in a cab and say, 'Take me to the Revolution.'"

E fa riflettere su come siano cambiate le cose, anche nel fotogiornalismo così come nel giornalismo tout court. Spesso si dice che non ci sono più giornalisti, ed è vero. Ci sono ormai aggregatori di notizie umani. E anche i fotografi non sono più quelli di una volta, come le stagioni. Ma la professione del fotoreporter ha mantenuto un'aura di magia, di rispettabilità. Certo ci sono, oggi, fotografi che aggiungono fumo a una scena in photoshop solo per renderla più drammatica, come Adnan Haji (tanto per parlare un po' dei danni degli strumenti digitali in mani poco oneste). Ma i fotografi Magnum no! Cavoli, i fotografi Magnum sono i più tosti, i più bravi, i più seri!

Insomma, sembra che sia solo Magnum a mantenere alto il nome della fotografia di reportage, di denuncia e d'inchiesta. Chissà se è davvero così, chissà se la cooperativa di fotografi creata da Henri Cartier-Bresson insieme con Bob Capa, George Rodger e altri è rimasta un baluardo dell'informazione indipendente. Sembra che, ad esempio, di Reporters sans frontières non si possa più dire lo stesso: RSF.